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agropolialta.jpgAgropoli

Nel 1999 è ricorso il bicentenario della "Repubblica Partenopea", un evento che scosse profondamente il Cilento ad opera di intellettuali e nobili illuminati, nelle cui dimore gentilizie le biblioteche ben fornite potevano vantare i poderosi volumi dell'enciclopedia di Diderot, delle opere di Voltaire e dei trattati di fisica e matematica più aggiornati. Numerosi giovani delle famiglie cilentane lasciarono le loro case e i privilegi di un'esistenza agiata per lanciarsi nella mischia rivoluzionaria che in quegli anni infiammava l'Europa. Agropoli non fu estranea a queste vicende e il suo castello, proprietà e dimora dei Sanfelice, fu punto di riferimento per l'impegno liberale e rivoluzionario dei nobili padroni e registrò la dolente storia di Luisa, bella, giovane e colta, vittima della reazione Borbonica e Sanfedista. Lasciamo Agropoli per inerpicarci sulle colline seguendo le orme di un altro illustre ospite di questa terra e che molto significherà per la formazione delle coscienze delle generazioni rivoluzionarie. Probabilmente Gianbattista Vico raggiunse Vatolla arrivando ad Agropoli via mare, con una barca a vela, per evitare nelle 55 miglia via terra un possibile incontro con i briganti. Da Agropoli si avviò a piedi per un vallone, già noto nei documenti del X sec. come il "Vallone di Vatolla", una mulattiera lastricata di massi che si inerpicava per la collina prima di raggiungere il piano dove era situato il monastero dei frati minori, oggi Convento di S. Maria della Pietà, e di lì altre 2 miglia per raggiungere Vatolla. Il Convento di S. Maria della Pietà fu fondato nel 1619 sul sito di un'antica cappella diruta. Soppresso nel Decennio Francese, fu riaperto nel 1815 dopo sostanziali lavori di ristrutturazione dell'edificio. Vatolla ha conservato pressoché intatto l'impianto urbanistico del periodo vichiano e il bel palazzo Vargas che attualmente ospita una sezione dell'Istituto Italiano di Studi Filosofici la cui sede centrale, a Napoli, nel palazzo Serra di Cassano, è monumento imperituro alla memoria dei martiri del 1799. Vico raggiunse Mercato Cilento dove si racconta che Gioacchino Murat, convinto che una delle cause dello scarso sviluppo del Cilento fosse da ricercarsi nella mancanza di una città, pensò di progettarne una a Mercato Cilento. Forse si spiega così il grande piazzale che ancora oggi esistente, di dimensioni non proporzionate al numero degli abitanti. Qui si svolgeva il mercato del sabato che era l'appuntamento settimanale dei commerci, presso il Convento di Santa Maria dei Martiri. Il bel Convento quattrocentesco, quasi palazzo fortificato, ospitò nel 1552 la riunione dei rappresentanti dell'Università e dei paesi della Baronia che invocarono l'unità cilentana, perché non fosse frantumato in tanti piccoli feudi. E sempre qui, l'alba del 12 aprile 1799 segna l'inizio di una delle più importanti giornate della Repubblica Partenopea nel Cilento. Inizia la battaglia: lo scontro avviene sulla strada che congiunge la Rocca al Mercato Cilento. Il sentiero della battaglia tocca l'antica via alto-medievale detta "di Laureana"che da Agropoli e prima ancora da Paestum, saliva sulla collina. Al varco dei Salici, prima di Rocca, iniziava la discesa verso l'Alento, dove si diramava portando a Velia e, con la Via del Sale, a Laurino. I luoghi ancora oggi conservano il fascino del contrasto. La passeggiata sul crinale della collina di Laureana, nel tratto che dal Convento di Mercato va a Castello di Rocca, è il miglior punto d'osservazione della millenaria storia del Cilento: dalla valle del Testene con la cima di Castellabate (antica rocca dei benedettini), a quella dell'Alento, tumultuosa via d'acqua che ci divideva dallo Stato di Novi, fino ai monti Alburni e alle case di Magliano; al panorama su Agropoli e gli altri paesi arroccati sui colli. Sorpassato il varco dei Salici ci si avvia verso il versante di Laureana: l'arco del sinus paestanus con Capri e la Costiera, lo sperone del Castello di Capaccio sotto il quale è visibile la Madonna del Granato, l'intero arco del Vesole fino a Magliano, l'ombra azzurrina degli Alburni. Avvicinandosi a Rocca Cilento giganteggia la vista meridionale del Castello con le quattro torri circolari e la cortina delle mura: gran monumento, simbolo dell'unità cilentana, memoria del periodo sanseverinesco. Qui le suggestioni del viaggiatore trovano appigli alla lunga storia di guerre e fatti avvenuti nel corso dei secoli. Ma ritorniamo agli eventi che stiamo ripercorrendo: protetti dalle alte mura della Rocca i giacobini resistono oltre ogni limite ai continui attacchi dei Sanfedisti ma alla fine sono costretti ad arrendersi. I prigionieri vengono trattenuti per alcuni giorni nel castello e poi deportati altrove. Si riprende la via del ritorno, ci si ferma ad ammirare gli affreschi nel cinquecentesco convento di S. Francesco e si lanciano sguardi distratti al convento di S. Michele e al palazzo del Duca di Laureana lambendo l'omonimo abitato, il mare di fronte rimanda bagliori del rosso sole del tramonto, si distingue la sagoma del castello di Agropoli ed il pensiero ritorna alla bella castellana e al triste epilogo di quell'anno di gloria.

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